venerdì 27 giugno 2008

valido fino al gültig bis

sono nudo.
è la prima volta che scrivo un post da nudo. sai mai che possa essere di qualche maggiore ispirazione. a proposito di ispirazione mi piace ricordare, in luogo delle solite citazioni da truffaut, una cosa che scrisse giorgio scerbanenco. diceva così, parafrasando: si parla tanto di ispirazione a proposito dello scrittore. ebbene, è una fantasia. l'ispirazione è mettersi lì, tutte le mattine, davanti alla macchina da scrivere. il resto sono balle.

vabè. l'altro giorno una mia cliente mi ha detto "ma sa, questo paese, cosa vuole, dopo 40 anni di malgoverno democristiano..." le ho chiesto "come scusi?" e lei: "no dico, dopo 40 anni di malgoverno democristiano.." sono rimasto senza argomenti. le ho chiesto che mestiere facesse e mi ha detto insegnante. insegnante alla scuola superiore. tenendo presente che questa persona mi aveva già fornito numerosi indizi sulla sua situazione neurovegetativa (lunghe pause prima di rispondere, come se dovesse riprogrammarsi, o ascoltare qualche voce interiore, o proveniente da qualche dominus via microfono; terminare la riunione con un solido accordo e telefonare trenta secondi dopo per comunicarmi di avere cambiato radicalmente idea; sorridere alle mie ben calibrate e seriose suggestioni professionali, serrare le mascelle alle mie battute), tenendo presente questo, non avrei dovuto farle l'altra domanda, ovvero cosa insegna, dal momento che la risposta era ovvia. tuttavia, con la speranza di essere sorpreso, l'ho fatta. e le ho chiesto, appunto, che materia insegna.

psicologia. naturalmente.

per chiarire, l'altra mia cliente psicologa è una che ha arredato la sua casa in affitto di 230 mq spendendo cinquantamila euro in mobili su misura stile "rosa veneziano" due mesi prima di recedere dal contratto perché gli inquilini del piano superiore fanno troppo rumore. dice che l'altro giorno è scivolata su noccioli di frutta sparsi (malignamente) per le scale da detti vicini e si è fatta male al sedere, cadendo. dice che sperava che dopo tre anni di liti furibonde con la pazza che c'era prima al posto di costoro (moglie del cantante/attore) avrebbe avuto un po' di pace, dopo che questa le aveva sottratto la posta per mesi e aveva addirittura rovinato irrimediabilmente un trittico del trecento che stava sul balcone; invece, peggio di prima.

ieri sera a quest'ora leggevo un topic assai animato su un forum intorno alle origini pagane del cristianesimo. un frequentatore piuttosto acuto, il quale ritiene che l'adorazione di cristo non sia altro che l'adorazione del sole, ovvero cristo= dio sole, muove accurate accuse di superficialità e pressappochismo alle analisi di rené guénon, apprezzando invece la qualità del lavoro di giorgio de santillana. dal momento che mi sto trovando a leggere entrambi, posso dire, nel mio piccolo, che sono d'accordo.

parlo parlo dei mestieri degli altri, ma io? io alla fine faccio un mestiere che non è un mestiere. i mestieri sono altri, e sono alti: il fabbro, il calzolaio, il muratore, l'orafo, il sarto, il falegname. l'artigiano. ci sarà pure un motivo per cui questi mestieri non li fa più nessuno. e non è colpa dei centri commerciali. essi sono l'effetto, non la causa. semplificando, l'uomo si allontana dalla conoscenza nello stesso tempo in cui si allontana dal mestiere. l'uomo che si allontana dal mestiere si allontana dall'uomo.

a mia triste difesa posso dire che da bambino quando litigavo con mio fratello e ritenevo di avere ragione, volevo che mia madre allestisse dei processi con testimoni, giudici, avvocati. processi in cui mi sarei difeso con arringhe insuperabili e avrei dimostrato la mia innocenza e rivelato la verità.

quando ero piccolo andavo a sciare in val badia. ogni anno facevamo lo skipass superski dolomiti per tutta la settimana bianca. e ogni anno mi domandavo cosa volesse dire quella scritta a fianco della data. una volta chiesi lumi a mio padre. papà, dissi, cosa vuol dire "valido fino al gültig bis?" mio padre mi guardò, un po' severo e un po' incredulo, e non rispose.

ci ho messo anni per capirlo.

martedì 24 giugno 2008

the weather man

è un film bellissimo, al di là dell'identificazione del sottoscritto col protagonista.
l'avevo visto per tre quarti almeno tre volte su sky, e ieri sono riuscito a vederlo per intero su canale 5.
non mi accadeva da anni di vedere un film su una rete diciamo terrestre, e in particolare su canale 5. alle tre stanotte ho rivisto anche santa maradona (film che ha fatto gridare al capolavoro alcuni critici), il quale è un poco meglio della gran parte dei film italiani (che sono tantissimi, se uno ci fa caso. in Italia siamo pieni di giovani registi. se uno guarda appuntamento al cinema scopre almeno dieci film italiani in un colpo solo) ma resta il solito filmaccio con attori scadenti (anita caprioli, insopportabile) attori sopravvalutati (il solito accorsi), scritto benino ma col consueto provincialismo, inesistente nel soggetto, deprimente sotto il profilo tecnico, privo di qualsivoglia sostanza nell'insieme.

ma io volevo dire di the weather man.

è scritto, benissimo, da steven conrad (che poi scriverà la ricerca della felicità, film che ho odiato: non si capisce perché uno debba andare a dormire nel cesso della stazione con il figlio di 5 anni nella speranza, un domani, di essere assunto da una finanziaria - e non si capisce perché dovremmo essere felici quando accade), diretto da gore verbinski (quello di the ring).
si svolge d'inverno. è un film che parla di un padre sfortunato, non molto dotato forse, ma diligente e speranzoso. un uomo sofferente, imperfetto, universalmente disistimato. un uomo che si sforza di essere adatto, non ce la fa, e allora compra dei vestiti alla figlia, scrive un pessimo romanzo, picchia l'insegnante del figlio, accetta un lavoro che disprezza e finalmente acquista un arco e si mette una faretra sulle spalle.

grande film.

io esclamo

per cinque anni ho lavorato come consulente legale presso un'associazione che tutela i diritti dei consumatori. si risponde al telefono e si risponde alle lettere.
potrei dire qualcosa su come funziona il mondo dell'associazionismo, ma non lo faccio. storia lunga e noiosa. concentro invece le mie forze sul versante della domanda, sul tipo umano, colui che si rivolge. più interessante, a parer mio.
l'associato-tipo di tutti gli organismi che si vantano di proteggere gli interessi dei molti, dei deboli e dei bisognosi è completamente pazzo.
come tutti i pazzi, anche questo non fa nulla per nascondere la sua qualità.
i tratti immediatamente distintivi del pazzo in questione, nelle sue lettere, sono:
- l'uso dello stampatello maiuscolo, nel testo minuscolo, a indicare parole particolarmente significative per l'autore (BASTA, STUFO, FINIRLA, MAI, CHIEDO e così via)
- l'uso abnorme dell'interpunzione, con significativa inclinazione verso il punto esclamativo (ORA BASTA!!!)
- il ricorso abbondante al vocabolo raffinato, alla metafora e finanche all'ossimoro, ove l'autore abbia compiuto studi superiori ("un assordante silenzio", "l'ennesimo balzello") spesso accompagnato da autentiche perle (celebre fu il "divieto di anacoluto nei rapporti di conto corrente bancario")
sono cose più o meno note.
ma ci fanno riflettere. perché prima ancora della scelta degli aggettivi o dei sostantivi (la quale può anche trarre in inganno, ove l'autore consulti con attenzione un dizionario dei sinonimi e dei contrari), prima ancora della costruzione del periodo (la quale può essere figlia dell'imitazione), prima ancora della scelta del carattere, dell'impostazione della pagina, del tenore lessicale (tutte opzioni potenzialmente ingannevoli) è la punteggiatura la prima vera fonte rivelatrice di ciò che racchiude il cranio dello scrittore. è il dna dell'autore. la sua spina dorsale. il suo sistema nervoso. non si sfugge.
e allora, quando leggete un qualsiasi scritto, la prima cosa da fare è vedere dove sono piazzate le virgole, i punti, i punti e virgola, i due punti. e soprattutto, prima di tutto, il primissimo, primissimo, infallibile e fondamentale segno per sapere chi ci sta di fronte col suo pezzo di carta è il punto esclamativo.
dimmi quanto esclami e ti dirò chi sei.

martedì 17 giugno 2008

puffi

quando si ascolta la propria voce riprodotta si resta un po' straniti. alle nostre orecchie suoniamo diversi. e anche, temo, diversi appaiamo ai nostri propri occhi.

a volte mi chiedo come mi vedono gli altri. dopo qualche anno su questa terra un'idea me la sono fatta: alcuni mi vedono come un puffo, un furetto, un nanetto tutto agitato e scalpitante. altri come una specie di giuggiolone dal momento nevrotico, altri ancora come un ragazzino stranito e troppo pensieroso. certo è che dalla mia persona promana un'aura di decadenza, di alienità, di fatica.

anche io ho provato il sentimento caro all'intellettuale stanco.
il disgusto.
disgusto per la mamma che spinge il passeggino, per gli individui sulla banchina in attesa del treno, per chiunque, per tutti, per ognuno, per te, per me stesso.
voci, rumori, odori, gesti, le parole, i vestiti, i corpi: la verità è in nessun luogo.

e, pure solo, non riesco a guardare come vorrei nemmeno il battistero e il duomo, troppo distratto. forse non lo posso nemmeno fare. forse anche quello è nulla, solo marmo, pietre una sopra l'altra.

i bambini dovrebbero crescere da soli, con altri bambini. senza imparare usi e costumi dei genitori, cui poi finiscono tragicamente per somigliare.

martedì 10 giugno 2008

chissà quante persone hanno avuto un incidente ieri sera, mentre stavano andando a vedere la partita dell’italia in televisione.
saranno state di più o di meno dei pellegrini che ogni anno, sulla strada per il santuario, finiscono con il pullman nella scarpata?
è impossibile andare in un pronto soccorso senza trovarvi un bambino che soffre.

gli insetti non si ammalano, invece.
- è perché sono esseri semplici. la macchina più è complessa più ha probabilità di ammalarsi
- a questa stregua, Dio dovrebbe essere sempre a letto con la febbre.
- no, perché noi siamo esseri finiti. è la mescolanza finito/complesso che è esiziale.
- non è vero. i computer sono finiti ma si ammalano tutti con la stessa probabilità, a prescindere dalla loro complessità.
- sbagliato: i computer sono tutti uguali, la complessità non è che una maggiore capacità di calcolo. e uomini molto stupidi possono campare assai meno di uomini molto intelligenti.
- il cane è meno complesso dell’uomo, così il pesce rosso. la loro speranza di vita è nota.
- sì, ma il cane e il pesce si ammalano meno.
- allora mettiamola così: un algoritmo è sempre finito e può essere estremamente complesso. l’algoritmo estremamente complesso viene eseguito senza errori sempre e comunque. ovvero, la complessità di un algoritmo non comporta patologie che ne possano determinare la non eseguibilità
- la natura non è algoritmica.
- già.

giovedì 5 giugno 2008

la foto del vecchio

leggo gli eccitati blog di alcuni miei coetanei e mi sento il solito disadattato.
non mi eccita il nuovo disco di nessuno, e non compro nessun nuovo disco da anni (magari se me li regalassero li ascolterei e mi ecciterei, chissà)
non vado quasi mai al cinema
non vado a nessun concerto dal 1996 (ac/dc, forum di assago)
non vado allo stadio
non vado ai musei e non vado alle mostre (mi dà fastidio la gente, la coda, la folla, non capisco il fatto in sé, soprattutto)
non vado a ballare da anni
non canto più in macchina mentre guido. e poi guido sempre peggio.
se passo la notte in bianco è solo perché ho mangiato troppo
la sera mi piace stare a casa.

qualcosa mi eccita ancora, però.
mi eccitano le donne, preferibilmente nude, o in lingerie bianca o nera, non rossa.
mi eccita parlare di politica, o di qualsiasi altra cosa, con persone intelligenti
mi eccitano i giochi per playstation e wii
mi eccita guardare film e sport in televisione
mi eccita, talvolta, suonare.

è la fotografia di un vecchio.

l'ansia di scegliere

una volta si trattò di scegliere il numero da apporre sulla mia bicicletta.
lo ricordo come un momento di ansia terribile.
perché scegliere?
è una cosa che non ho mai capito.
non capisco tutti quelli che scelgono in continuazione in ordine a cose completamente inutili. il colore dell’asciugamano, la marca del portaombrelli.
gli amici si scelgono, e a volte le mogli.
non si scelgono i figli, i genitori. eppure li amiamo lo stesso.
cos’è tutta questa ansia di scegliere?
le scelte di una vita dovrebbero ridursi a un numero piccolissimo.
invece i pedagoghi ci dicono che è importante che il bambino sviluppi un suo carattere, una sua capacità critica, iniziando a scegliere sin da piccolo.
il mio sogno è avere una persona che scelga i miei vestiti, le mie scarpe, la mia automobile, la mia casa, i mobili che la arredano. vorrei scegliere il meno possibile. non credo nelle virtù taumaturgiche della volizione. semmai il contrario.
la scelta è un’altra foppa in cui incappare.
simulacro della creazione. illusione di potenza. inganno della volontà.
il desiderio di crederci artefici del nostro destino porta a conseguenze aberranti.
non sono determinista. non credo in dio. non credo.
e a questo punto il discorso porta lontano.