lunedì 7 giugno 2010

francesca

francesca schiavone non ha solamente vinto il roland garros, con tutte le statistiche annesse.
ha vinto il roland garros giocando una volée smorzata di rovescio in controtempo sul 5-2 del tie-break del secondo.

mercoledì 2 giugno 2010

fenomenologia di fabio caressa

mi sono spesso chiesto perché in quel di sky non si siano ancora liberati dell'ingombrante presenza del telecronista fabio caressa.
naturalmente ho posto la precedente questione avendo già considerato - mi sembrava un gesto minimo - che il fatto che il mio orecchio e i miei sensi trovino il suddetto personaggio particolarmente sgradevole, non debba significare che tutti provino i miei stessi rimescolii.
dapprima pensavo che fosse dunque perché il caressa riscuote notevoli simpatie presso il pubblico, o presso i colleghi, o perché ha appoggi importanti. poi, re melius perpensa, ho trovato la spiegazione. sky non se ne libera perché non può.

fabio caressa è uno di cui non ti puoi liberare.

fabio caressa è un uomo determinato. uno che sa quello che vuole. è un uomo che, come molti della sua specie, ha molta stima di se stesso. fabio caressa è ambizioso, ovviamente. può guadagnare grandi traguardi. è un piccolo bonolis, qualche libro mal letto in meno, più tracotante, meno subdolo. è un uomo che, senza dubbio, ha una sua opinione su tutto.

fabio caressa è tracagnotto, ha collo largo e molto corto, capello amico dell'unto, faccia larga e quadrata, strozza metallizzata ed erre molto arrotata.
è uno che non si stanca presto. ha molta carica. e poca paura.
un cavaliere del medioevo. uno che darebbe volentieri del tu alla cotta di maglia, alla cappa e alla spada.

fabio caressa è completamente privo di senso dell'umorismo. pensa che lo stile stia in quella che lui crede essere la preparazione tecnica, ovvero l'individuazione dei giocatori sul campo.

fabio caressa è un rompicoglioni.
è il classico personaggio che arriva al villaggio turistico e si lamenta della camera, del servizio, della lontananza dal mare. fomenta i villeggianti, crea un gruppo e pretende rivendicazioni. è un leader. un leader di poveracci. è quello che alza la voce all'assemblea condominiale, è quello che si prende la "questione di principio", è quello che al liceo si metteva in prima fila quando c'era da far casino, è quello che si fa nominare "consigliere" ovunque esista questa possibilità in seno al mondo.
caressa si sente solo. e vuole essere amato.

fabio caressa è un uomo rozzo. rozzo nel parlare, nel muoversi, nel vestire (nel senso che, sul suo corpo, i vestiti diventano rozzi). la voce è sgradevole, il tono sempre sopra le righe. il lessico è misero, la retorica abbonda, anzi deborda, l'antilingua s'impone con fierezza. assai carente l'analisi tecnica, fastidiosa la compiaciuta rapidità di parola. ha provato a fabbricare anche lui un suo segno distintivo - non dire "gol" o "rete" ma il nome dell'autore - con esiti deprimenti quando non (involontariamente) comici.
il dialetto romanesco emerge febbrilmente nelle telecronache reclamando spazi. spazi che gli sono stati concessi in piccole trasmissioni post partite. qui il nostro si presenta in maniche di camicia (troppo aperta) e jeans sparacchiando battutacce e analisi da osteria in compagnia dell'amico e collega stefano de grandis, il quale se nemmeno in presa diretta riesce ad esprimersi in italiano, figuriamoci in registrata e in jeans.

caressa è un telecronista che vuole lasciare la sua impronta (il suo omologo, in rai, è marco mazzocchi, figlio d'arte). è un parricida, come tutti i giovani arrabbiati. vuole la testa dei papà equidistanti e assonnati delle telecronache di un tempo. prende posizione, dice la sua, dà di gomito all'ospite, strizza l'occhio, fa capire di saperla lunga, e questo con la speranza di creare un ponte di simpatia e complicità sia con l'ospite che non può parlare troppo (il calciatore inseguito dalla domanda sul suo futuro o sul perché di tanta panchina), sia con lo spettatore (che deve sapere che c'è di più, rispetto a quello che si legge).
un furbetto, caressa.

da qualche tempo hanno assegnato al nostro (l'avrà preteso lui, che è senz'altro giocatore) il commento delle partite dei tornei internazionali di poker (nella versione texas hold'em). lo spettacolo è spossante. certo il gioco non aiuta (il poker è il più rozzo dei giochi di carte, l'hold'em la variante deteriore, e almeno in questo l'accoppiamento è centrato).

in ogni caso, qualsiasi cosa egli dica o faccia, è convinto che siamo tutti amici suoi.

adesso lo aspettano i mondiali di calcio.

uno dice guarda che prima di caressa le telecronache le faceva massimo marianella.
e allora ti rendi conto che, una volta di più, era meglio stare zitti.

martedì 1 giugno 2010

c'era una volta

"il cinema, declinazione deteriore della letteratura, svolge invero come questa la funzione socialmente utile di essere fruibile universalmente, a prescindere da qualsiasi disposizione del suo fruitore".
provo a parafrasare come segue la celebre sentenza di L. Manning Vines sopra riportata: prima o poi, chiunque riuscirà a identificarsi in un'opera d'arte. e in quell'istante, aggiungo, quell'opera avrà raggiunto il suo scopo (in questo il cinema si differenzia qualitativamente dalla pittura, che infatti mostra, anche da questo punto di vista, di essere espressione barbara dello spirito umano. molti si emozionano davanti a un quadro, molti anche davanti a orribili quadri, ma nessuno si identifica in un quadro. lascio ad altre notti l'intrigante discussione intorno alla "puerilità del processo di identificazione").

invece accade di capire qualcosa di ciò che ti è accaduto, o ti accade, guardando un film.
(naturalmente non guardando un film che conti tra i suoi interpreti bud spencer o terence hill, quei film con le scazzottate e quelle orribili canzoni. del perché milioni di persone trovino esilarante terence hill che prende a pugni un tizio, è un fatto che mai riuscirò a capire. ma è un altro dei miei problemi)

in realtà l'arte non ha alcuna funzione e alcuno scopo, così come i sentimenti. questi, tuttavia, possono trasformarsi in orrore, e rendere orribili. cosa che l'arte non può fare.

a me piacciono i libri che parlano di donne che amano troppo.
mi piacciono i settimanali femminili. li trovo meravigliosi. mi piacciono gli articoli che parlano di donne che insegnano ad altre donne che è ora di smetterla di pensare che essere donne significhi dare in modo incondizionato, perché è ora che le donne imparino ad amarsi.
mi piacciono moltissimo anche le interviste alle attrici, delle fighe spaziali taglia 40 (mi permetto di interporre il non secondario rilievo che codeste sono fighe spaziali nonostante la taglia) in cui tutti ci identifichiamo, che dicono tutte cose tipo vado pazza per il cioccolato non resisto alle lasagne mangio tutto il giorno mangio a tutto gas mangio tutto quello che voglio non mi interessano gli uomini sto benissimo da sola (con fuffi) odio le vacanze amo stare a casa

così scopriamo che la vita di penelope o di cameron è la stessa, proprio la stessa della casalinga di secondigliano.

l'altra sera ho rivisto con piacere ed emozione il film crimini e misfatti, che il suo autore ha ritenuto di rifare, peggio, qualche anno fa con il titolo match point e con attori decisamente più antipatici
almeno hawks ha rifatto un dollaro d'onore ma sempre con john wayne. vabè. a monte.

crimini e misfatti è, notoriamente, un capolavoro. un'opera d'arte universale. sono convinto che chiunque troverà una parte del senso della propria esistenza, una risposta a qualche domanda, un'altra domanda, guardando il film.

oggi mi sono commosso due volte. una, per una volée smorzata di dritto di francesca schiavone, nel terzo game del primo set (roland garros, quarti di finale). un'altra per una volée di rovescio, della medesima schiavone, sul 30-15 del 5-3 del secondo.
il che, temo, la dice, forse, lunga.

"c'era una volta un piccolo pesce che nuotava felice con i suoi genitori. un giorno il pesce andò al supermercato a fare la spesa. a un certo punto incontrò un delfino, fecero amicizia, cenarono e si addormentarono. fine"

se perderò il prezioso incerto manoscritto, magari resterà sul web. chi lo sa.