lunedì 30 maggio 2011

p. diaz


rimane sempre la coppa italia

giovedì 26 maggio 2011

Grazie Rai

anche io ho avuto i miei sette minuti di celebrità e immortalità.

martedì 17 maggio 2011

verità è bellezza

Da me manca la progettualità.
Manca il detersivo, anche.
Adesso, tra poco, tra un mese, comincerò, forse, una terapia a base di inibitori della ricaptazione della serotonina. Dice che l’uccello non si smolla, si fa solo un po’ più di fatica ad arrivare. Chissà. Farò sapere.
Le donne sono creature meravigliose. Cosa c’è di più meraviglioso di accarezzare le gambe di una donna, tuffarsi nel suo seno.
Ieri una donna, una bella donna bionda in bicicletta (come sono sexy le donne in bicicletta!), senza occhiali da sole, mi ha guardato. Mi ha guardato per tre volte. Mi ha stupito molto. Forse mi trovava buffo, o strano, con i capelli che porto e questi ridicoli baffi che non sono baffi. Non credo abbia avuto altri pensieri, anche se sarebbe stato bello. Spesso penso a come vivono quelle donne, e sono tante, che sono ogni momento bersaglio di sguardi, allusioni, battute, gesti, avances di tutti o quasi tutti gli uomini che incontrano.
Mi piacerebbe vivere un giorno da Buddy Love. Quella soggettiva strepitosa.
La mia miserabile arte, figlia di un miserabile dolore.
Non so aggiustare le cose, anzi, le spacco tutte. Spacco anche i coglioni, spesso e volentieri.
I politici vanno in televisione. Giulio Tremonti, un idiota complessato che si sente chiamato dal destino a comparire nei libri di storia, sarà il prossimo presidente del consiglio dei ministri. Bisognerebbe che qualcuno lo uccidesse prima. Un gruppo, un paese, una nazione che funziona, funziona tanto più quanto meno valore attribuisce alla vita dei suoi componenti. L’equipaggio è sacrificabile, per la missione e per definizione.
Qualcuno ucciderà Tremonti. Qualcuno, forse, ucciderà il professor Umberto Veronesi. Qualcuno dirigerà film. Non sono, queste azioni, commensurabili.
La verità aritmetica non può essere definita all'interno dell'aritmetica, secondo il teorema di Tarski.
Alcuni dicono che il sistema può conoscere se stesso. No. Non esiste sporco impossibile, secondo il secondo teorema di Gödel.
La ginnastica aerobica. Resterei per ore a guardarla. La vetta del non-senso.
La matematica, la filosofia, l’amore.
Tu guadagnerai il pane col sudore della fronte.
E io? Io vorrei passare tutto il resto del mio tempo a succhiare grossi cazzi di transessuali.

pasqua di resurrezione

c'è l'uomo dentro all'uovo. si schiude l'uovo ed esce un uomo. ma l'uovo è l'uomo, e l'uomo, uovo. l'uomo ha l'uovo ed è uovo, ma non fa l'uovo. ogni uomo tuttavia ha in sè un uovo che si deve schiudere e che contiene il suo vero uomo. ovvero l'uomo è l'uovo di se stesso.

ma l'uovo dell'uomo è anche l'uovo del mondo. nell'uovo, tutto il mondo, tutto il mondo dentro un uovo, tutto un mondo a forma d'uovo dentro un sol uomo.

mangiamo un uovo e mangiamo noi stessi, schiudiamo noi stessi mentre apriamo i gusci, e dentro ogni uovo, il rosso e il bianco, il sangue e la pace. apriamo noi stessi, piccole uova, al mondo e a noi stessi. risorgiamo come l'uovo del mattino al calore del sole. piano piano, picchiettando, dall'uovo uscirà la testa, la testa d'uovo.

schiuditi, uovo, risorgi, uomo. ogni giorno, un uovo. ogni giorno, un nuovo uomo. un nuovo uovo per essere ogni giorno uomo.

lunedì 16 maggio 2011

in gita, apologando

Il destino, buontempone, ha mandato mio figlio in gita il giorno 13 maggio, due giorni dopo il mio ultimo post.
Davanti all'ingresso della scuola, prima che suoni la campanella, i bambini sono tanti. Mollano gli zaini e giocano. Si rincorrono e parlano. Ci sono le mamme e qualche papà. Le mamme davanti alle scuole sono sempre ingrugnite, hanno sempre fretta, sempre qualcosa di urgente da fare, anche se non devono andare a lavorare, e attendono con ansia l'apertura del cancello. Anche quando aspettano i figli all'uscita hanno fretta, e li tirano per mano, perché non hanno tempo da perdere. Tra queste mamme e pochi papà ci sono io, che per una volta non ho fretta e osservo. C'è una bambina graziosa con le trecce che cerca l'attenzione di mio figlio. Lui però è tutto per la sua fidanzatina, che lo accoglie con un bacio sulla guancia. A un certo punto entra un scena un personaggio insolito: arriva un cane randagio, di taglia medio-grossa, di colore beige. Cammina piano, ha un'aria buona. I bambini d'acchito sono spaventati, anche perché le terribili mamme cominciano ad agitarsi. Spaventati ma curiosi, perché capiscono subito che il cane non farà loro alcun male. Il cane gironzola tra loro piano piano, nel cortile antistante l'ingresso. Sta cercando qualcosa, forse una carezza, forse cibo o acqua. I bambini non hanno il coraggio di accarezzarlo anche se lo vorrebbero, tutti. Le mamme urlano i loro allarmi che per fortuna si perdono nel vociare generale. Al passaggio del cane, i bambini si fanno da parte ma lo seguono e gli stanno vicini, come gli spettatori a bordo strada sulle tappe di montagna. Il cane va avanti e indietro, si gira, va a destra, poi a sinistra, lentissimamente, circondato dalla curiosità e dall'affetto istintivo di quel nugolo di colori e voci e occhi. Finché, come un re misconosciuto tra il suo popolo, si ferma, e guarda. Si guarda intorno, muto, con i suoi occhi gentili, pazienti come a dire possibile che non capite? e poi, esausto, si butta a terra e resta lì, immobile, lui che sa tutto, tra i bambini che sanno tutto. E però cane e bambini non si toccano, non si parlano. Poi suona la campanella.

Io aspetterò che arrivino i pullman, che i bambini escano nel cortile posteriore, che salgano su, e che mio figlio mi saluti con la mano. Aspetterò di vederlo partire per la gita, sapendo che tornerà, mentre il cane, stravaccato a fianco a me, riceverà una carezza, che non sarà abbastanza.

mercoledì 11 maggio 2011

bimbi

Non c'è nulla di più bello da vedere, nemmeno un albero o un fiume, di una classe di bambini piccoli in colonna che si gode una gita, lontano dalla scuola, fuori dall'aula, lontano dalle mappe sdrucite e gialle e vecchie appese alle pareti, alla cattedra con gli spigoli smangiati, ai banchi imbrattati di noia e disillusione pieni di cicche masticate appiccicate sotto, lontano dalle pareti sporche, dalle lezioni, dalla lavagna, dai bidelli, dal cancellino e dai gessi, lontano dal campanello, dal registro, dalle sedie storte. Niente di più bello dei bambini che si tengono per mano, che formano gruppetti, che scherzano e fanno rumore e si raccontano storie e si fanno dispetti e nel frattempo camminano, all'aria aperta, dietro l'insegnante stanca, che fa fatica e arranca. Bambini colorati e allegri che si scambiano figurine, si tolgono il giacchino perché fa caldo e se lo annodano alla vita, si chiamano e si prendono in giro. Ed è bello perché sono insieme, e perché sono tanti, e perché sono in gruppo, perché la strada gli appartiene, la città gli appartiene, e i prati e i semafori e i marciapiedi, mentre l'insegnante, come la scuola, poco a poco sfuma, si dissolve, non c'è più, non c'è più corpo, voce, figura, simbolo, autorità e loro sono dannatamente, finalmente, per un'ora, liberi.

lunedì 9 maggio 2011

18

bentornato a casa, figliolo.