lunedì 16 maggio 2011

in gita, apologando

Il destino, buontempone, ha mandato mio figlio in gita il giorno 13 maggio, due giorni dopo il mio ultimo post.
Davanti all'ingresso della scuola, prima che suoni la campanella, i bambini sono tanti. Mollano gli zaini e giocano. Si rincorrono e parlano. Ci sono le mamme e qualche papà. Le mamme davanti alle scuole sono sempre ingrugnite, hanno sempre fretta, sempre qualcosa di urgente da fare, anche se non devono andare a lavorare, e attendono con ansia l'apertura del cancello. Anche quando aspettano i figli all'uscita hanno fretta, e li tirano per mano, perché non hanno tempo da perdere. Tra queste mamme e pochi papà ci sono io, che per una volta non ho fretta e osservo. C'è una bambina graziosa con le trecce che cerca l'attenzione di mio figlio. Lui però è tutto per la sua fidanzatina, che lo accoglie con un bacio sulla guancia. A un certo punto entra un scena un personaggio insolito: arriva un cane randagio, di taglia medio-grossa, di colore beige. Cammina piano, ha un'aria buona. I bambini d'acchito sono spaventati, anche perché le terribili mamme cominciano ad agitarsi. Spaventati ma curiosi, perché capiscono subito che il cane non farà loro alcun male. Il cane gironzola tra loro piano piano, nel cortile antistante l'ingresso. Sta cercando qualcosa, forse una carezza, forse cibo o acqua. I bambini non hanno il coraggio di accarezzarlo anche se lo vorrebbero, tutti. Le mamme urlano i loro allarmi che per fortuna si perdono nel vociare generale. Al passaggio del cane, i bambini si fanno da parte ma lo seguono e gli stanno vicini, come gli spettatori a bordo strada sulle tappe di montagna. Il cane va avanti e indietro, si gira, va a destra, poi a sinistra, lentissimamente, circondato dalla curiosità e dall'affetto istintivo di quel nugolo di colori e voci e occhi. Finché, come un re misconosciuto tra il suo popolo, si ferma, e guarda. Si guarda intorno, muto, con i suoi occhi gentili, pazienti come a dire possibile che non capite? e poi, esausto, si butta a terra e resta lì, immobile, lui che sa tutto, tra i bambini che sanno tutto. E però cane e bambini non si toccano, non si parlano. Poi suona la campanella.

Io aspetterò che arrivino i pullman, che i bambini escano nel cortile posteriore, che salgano su, e che mio figlio mi saluti con la mano. Aspetterò di vederlo partire per la gita, sapendo che tornerà, mentre il cane, stravaccato a fianco a me, riceverà una carezza, che non sarà abbastanza.

Nessun commento: