martedì 27 settembre 2011

che puro ciel

domenica 18 settembre 2011

estratti dal diario di pim

17 settembre

decido di cambiare la parabola. montare e smontare impianti satellitari è un'attività che mi provoca piacere. decido di dedicare parte del mio prezioso sabato, un sabato normalmente occupato da film, lacrime e seghe, alla ricerca di materiali specifici. trovo un indirizzo. non è lontano. dieci minuti in macchina.

nel negozio ci sono due addetti. uno, antipatico, sa quello che dice, l'altro no. sono sfortunato: il primo è già impegnato a servire un cliente pieno di problemi. con delle mosse cerco di attendere che si liberi, ma il secondo si fa sotto e io come al solito non riesco ad oppormi. cerco di spiegare quello di cui ho bisogno. non capisce. io stesso faccio fatica a spiegarmi, perchè cerco di essere conciso e rapido, ma sono fosco e titubante. il secondo non può aiutarmi. interpella frettolosamente il primo, il quale è sempre alle prese col cliente problematico e pensa, con i dati di cui dispone, che io non abbia idea di quello che cerco. il che è anche vero, ma non nella circostanza. il secondo mi guarda e non ha più niente da dirmi. il primo sta ancora maltrattando il cliente e non ha tempo né voglia di darmi retta. non riesco a resistere. esco. appena fuori mi lascio andare a un flebile oh signùr. una donna che sta legando la bicicletta pensa che sia rivolto a lei e mi guarda male. mi accorgo che ho una macchia di unto sulla polo. polo che peraltro mi ingrassa.

torno in macchina e sento un dibattito su natura e cultura, al quale partecipa naturalmente salvatore natoli, che parla come un avvocato meridionale, minaccioso e gagliardo. un professore tedesco non è d'accordo con lui. il moderatore di radiotre palesa un'ignoranza avvilente.

mi viene la nausea.

vado in un centro commerciale. le persone che vedo mi rattristano. mi assale una leggera angoscia. passo e ripasso gli stessi scaffali più volte, sperando che qualcosa si materializzi sotto i miei occhi di morto che cammina. chiedo a un commesso. il pezzo che cerco arriva giovedì prossimo.

esco dal negozio brico ed entro al supermercato. devo comprare poche cose. trovo facilmente l'olio e il dentifricio, ma ho difficoltà con l'alcool. chiedo a una commessa. mi dà le indicazioni del caso. non lo trovo. come d'abitudine, vagolo come un sonnambulo tra gli scaffali finchè trovo un secondo commesso. trovo l'alcool. non mi sento molto bene. una ragazzina di dieci anni che indossa una maglietta dei beatles mi dà sollievo (un sollievo pari a quello che proverebbe un uomo che non mangia da tre giorni di fronte alla consegna di un krisproll, ma pur sempre un sollievo). non ci sono molte ragazzine di dieci anni che indossano magliette dei beatles. vorrei farle un sorriso, ma papà e mamma potrebbero male interpretare.

salgo in macchina. l'angoscia è stata sostituita dalla rabbia. a voce alta dico sono stufo di vedere gente che non sa nulla di quello di cui dovrebbe sapere tutto. commessi di libreria che non leggono libri, parabolisti che non capiscono le parabole.

la voce di mio figlio, che mi racconta delle sue preoccupazioni, mi placa un poco.

grazie al mio fedele telefono, trovo un altro posto. l'ultima chance. è dall'altra parte di milano. ci arrivo dopo un'ora. il commesso è antipaticissimo ma, nonostante i miei soliti farfugliamenti, risolvo con lui il problema e mi posso portare a casa il pezzo fondamentale, un tubo verticale con due staffe.

appena uscito dal negozio, comincia a piovere. dovrebbe essere un temporale. appena la pioggia si fa grossa e pesante, parcheggio la macchina nel primo posto utile e scendo. e cammino in mezzo alla strada, solo, con la mia faccia da scemo, e piano piano mi inzuppo.

lunedì 12 settembre 2011

la cosa più triste del mondo

la pubblicità col calciatore fabrizio miccoli che gioca alla roulette.

venerdì 9 settembre 2011

le case delle persone sole

devi andare nelle case delle persone sole. devi aprire gli armadietti, le ante dei pensili, il frigo. guardare nei cassetti. devi guardare il pavimento. il cesso.

quando vedrai gli asciugamani, il colore degli asciugamani; quando vedrai dove stava, dove sta seduta la persona sola, dove, con che cosa addosso; quando osserverai il contenuto dell'armadio e vedrai i vestiti, le grucce. le calze, le mutande. quando vedrai la federa del cuscino, la pentola per le uova, vedrai parlare le cose. le cose che ci sono, e come sono collocate, e dove.

le persone non parlano con le altre persone. parlano con le loro case, se sono sole, se le abitano da sole. se la casa è occupata da più di una persona, allontanati, lascia perdere. è tutto finto, tutto inutile.

nessuno mente a una casa.

devi andare nelle case delle persone sole. le case ti parlano. ti parlano una lingua straziante, perchè è la lingua del vero. e il vero è brutto.

è brutto perchè non ci sei abituato. non ci pensi, non ci arrivi al colore della disperazione.

ed è brutto perchè è sbagliato. perchè le cose smettono di avere un nome, un significato. è sbagliato che la verità stia solo nelle case delle persone sole.

entrare in una casa di una persona sola è profanare la sua nudità, smascherarla, penetrarla. e c'è più terrore in te, in tutto questo. hai paura di commettere lo stupro più infame.

ma ci devi andare, nelle case delle persone sole. devi andare a vedere le fotografie, i barattoli vuoti, le scatoline di plastica. devi sapere perchè le persone comprano cose che non mangiano, lasciano andare cose cui tengono, si aggrappano a una piastrella, guardandola per ore, osservandone le venature, gli angoli, i bordi. perchè ha più importanza il filo scucito del bordo di una poltrona che qualsiasi altra cosa.

devi andare a vedere perchè le persone si affezionano a un pezzo di plastica, a un pezzo di legno, a un ciondolo da quattro lire, perchè ci si aggrappano, perchè ci parlano, al maledetto ciondolo, guardando una fotografia, mentre vanno in bagno, stanche, a piedi nudi, si guardano allo specchio e il volto che vedono non è pìù niente.

la penosa pennetta

la tennista flavia pennetta ha perso ai quarti di finale dello US Open, battuta da Angelique Kerber (che di grazioso ha il prenome), numero centomila del mondo.
Ha perso il primo 6-4 dopo essere stata 4-3 e tre palle del 5-3. Ha vinto il secondo grazie a un po' di braccino dell'avversaria; nel terzo si è trovata 2-0 e palla del 3-0 e ha perso il game. è salita 3-1 e non ha più giocato, regalando all'avversaria il 4-3 con uno splendido doppio fallo, sprecando quattro palle break sul 4-3 e perdendo meritatamente servizio e incontro 6-3.
Trasmessa da Eurosport (da anni ormai skysport risparmia, così può allestire intriganti trasmissioni in cui si parla di calcio, con ospiti del calibro di mario sconcerti, massimo mauro, billy costacurta e pablito rossi, ovvero 16 ore di notizie sportive in diretta affidate a conduttori che hanno la preparazione, l'aspetto e lo spessore umano di agenti immobiliari in franchising), la partita ci ha regalato una prestazione tra le più penose che si possano immaginare. senza carattere, senza talento, senza intelligenza. e così, niente semifinale. e non è che proprio succeda tutti gli anni, di trovare la Kerber nei quarti e la Stosur in semifinale.
Nella tristezza generale, una gemma, già ben nota: la telecronaca di Barbara Rossi, una fuoriclasse assoluta. Se avesse potuto l'avrebbe strozzata, l'orrida Pennetta, lei che una volta l'allenava.
Che andasse a posare nuda per max, la cara flavia. non si vede alcuna ragione per cui dovremmo rivederla su un campo da tennis. con l'eccezione, si capisce, di quello di casa sua.

martedì 6 settembre 2011

kotm

lunedì 5 settembre 2011

oltre al resto

sono scarso.

giovedì 1 settembre 2011

J. D. Salinger

"Una volta, un paio di anni fa, Buddy mi disse una cosa abbastanza sensata (...) Disse che un uomo potrebbe anche giacere ai piedi d'una collina con la gola tagliata, dissanguandosi a poco a poco fino a morirne, ma se una bella ragazza o una vecchia gli passassero accanto con una bella anfora in perfetto equilibrio sul capo, lui dovrebbe esser capace di appoggiarsi a un braccio e tirarsi su fino a vedere l'anfora arrivare sana e salva oltre la cima della collina."

Franny e Zooey, Einaudi ET, p.117

sì, sono un handicappato

e lui diceva papà guarda cosa riesco a fare. sempre. lo diceva in continuazione. erano sempre cose nuove, nuove prove. un'immersione nell'acqua più alta, un tuffo più improvvido. entusiasta, contento. ogni minuto un passo più in là.
avrei dovuto dirglielo io, guarda cosa sono riuscito a fare.
sono riuscito a prenotare un agriturismo, per noi due. a sceglierlo, a trovarlo, ad arrivarci, anche se come al solito mi sono perso, più o meno deliberatamente.
sono riuscito a trovare un bel posto, per stare insieme in un altro modo. cercavo il silenzio, meta difficile, e una piscina grande, possibilmente pulita e poco affollata. la fortuna, forse l'intuito, forse altro, mi hanno assistito.
sono riuscito a fare la spesa, a cucinare.
per me il fatto di essere in quel posto e di riuscire a mantenerlo è stata un'impresa. lo so, è ridicolo, ma è così.
sono riuscito a mantenere mio figlio. ho fatto la valigia, siamo arrivati lì, siamo andati in piscina subito. dopo diverse ore si è trattato di pensare alla cena. allora siamo andati nel paese più vicino, siamo entrati nel primo negozio di alimentari, e abbiamo fatto la spesa, e lui mi ha aiutato. e ce l'ho fatta. ho comprato le cose che servivano. ce l'ho fatta. mi sembra di fare discorsi da handicappato. è così. non credevo di riuscirci. ho cucinato. la prima serata è stata complicata per lui. lo è stata a lungo, fino a notte fonda. gli mancava la mamma. si sentiva in colpa per essere lì, in quel posto, così bello e soprattutto, soprattutto, quello è stato il momento più difficile per lui, con quella stellata. quando ha visto il cielo si è messo a piangere, si è commosso. una stellata così non l'aveva mai vista. e io non me ne ricordo una simile. e la mamma non era con lui a vederla, e lui ha pensato di non avere diritto di vederla da solo (con me), si è sentito in colpa, come se gliela stesse rubando. non riusciva a dormire. è andato in giro a fantasmare fino alle 3 di notte.
il luogo era poco coperto dalla rete telefonica. grandi peripezie e inutili, pessimi tentativi di comunicare con qualcuno. tanto tempo sprecato indegnamente dietro il dannato oggetto. tanto che alla fine si è inventato un disturbo, un fastidio fisico, per attirare la mia attenzione, che vagava irrequieta qua e là. allora abbiamo passeggiato nella notte, tra i muri bassi in pietra a secco, ordinati e puliti, e a piedi nudi sul prato ben tagliato, umido e fresco.
solo al tramonto, e solo al tramonto, strani piccoli uccelli si radunavano sugli ulivi per chiamarsi a gran voce l'un l'altro. difficile scorgerli tra i rami e le foglie fitte. un'assemblea repentina, violenta, misteriosa, quasi una riunione di fuggevoli, innocui cospiratori.
forse l'ampiezza dell'appartamento che ci è stato assegnato mi ha reso più ansioso. una vera casa. una casa intera da occupare, da vivere, fa crescere l'ansia da prestazione. certamente sovradimensionata rispetto ai nostri desideri e alle nostre esigenze. casa afflitta da odori di varia natura, che non sono riuscito a catalogare, nonostante ripetuti tentativi. però c'era una sorta di patio, con tavolo e sedie in legno adagiati proprio sul prato, che temperava i miei affanni e mi faceva immaginare cose strane come soavi partite a carte.
e tutti quegli ulivi.
sì, mi sento quasi sempre come il protagonista di I am Sam; un bel film, un bravo interprete, una bella colonna sonora.