giovedì 1 settembre 2011

sì, sono un handicappato

e lui diceva papà guarda cosa riesco a fare. sempre. lo diceva in continuazione. erano sempre cose nuove, nuove prove. un'immersione nell'acqua più alta, un tuffo più improvvido. entusiasta, contento. ogni minuto un passo più in là.
avrei dovuto dirglielo io, guarda cosa sono riuscito a fare.
sono riuscito a prenotare un agriturismo, per noi due. a sceglierlo, a trovarlo, ad arrivarci, anche se come al solito mi sono perso, più o meno deliberatamente.
sono riuscito a trovare un bel posto, per stare insieme in un altro modo. cercavo il silenzio, meta difficile, e una piscina grande, possibilmente pulita e poco affollata. la fortuna, forse l'intuito, forse altro, mi hanno assistito.
sono riuscito a fare la spesa, a cucinare.
per me il fatto di essere in quel posto e di riuscire a mantenerlo è stata un'impresa. lo so, è ridicolo, ma è così.
sono riuscito a mantenere mio figlio. ho fatto la valigia, siamo arrivati lì, siamo andati in piscina subito. dopo diverse ore si è trattato di pensare alla cena. allora siamo andati nel paese più vicino, siamo entrati nel primo negozio di alimentari, e abbiamo fatto la spesa, e lui mi ha aiutato. e ce l'ho fatta. ho comprato le cose che servivano. ce l'ho fatta. mi sembra di fare discorsi da handicappato. è così. non credevo di riuscirci. ho cucinato. la prima serata è stata complicata per lui. lo è stata a lungo, fino a notte fonda. gli mancava la mamma. si sentiva in colpa per essere lì, in quel posto, così bello e soprattutto, soprattutto, quello è stato il momento più difficile per lui, con quella stellata. quando ha visto il cielo si è messo a piangere, si è commosso. una stellata così non l'aveva mai vista. e io non me ne ricordo una simile. e la mamma non era con lui a vederla, e lui ha pensato di non avere diritto di vederla da solo (con me), si è sentito in colpa, come se gliela stesse rubando. non riusciva a dormire. è andato in giro a fantasmare fino alle 3 di notte.
il luogo era poco coperto dalla rete telefonica. grandi peripezie e inutili, pessimi tentativi di comunicare con qualcuno. tanto tempo sprecato indegnamente dietro il dannato oggetto. tanto che alla fine si è inventato un disturbo, un fastidio fisico, per attirare la mia attenzione, che vagava irrequieta qua e là. allora abbiamo passeggiato nella notte, tra i muri bassi in pietra a secco, ordinati e puliti, e a piedi nudi sul prato ben tagliato, umido e fresco.
solo al tramonto, e solo al tramonto, strani piccoli uccelli si radunavano sugli ulivi per chiamarsi a gran voce l'un l'altro. difficile scorgerli tra i rami e le foglie fitte. un'assemblea repentina, violenta, misteriosa, quasi una riunione di fuggevoli, innocui cospiratori.
forse l'ampiezza dell'appartamento che ci è stato assegnato mi ha reso più ansioso. una vera casa. una casa intera da occupare, da vivere, fa crescere l'ansia da prestazione. certamente sovradimensionata rispetto ai nostri desideri e alle nostre esigenze. casa afflitta da odori di varia natura, che non sono riuscito a catalogare, nonostante ripetuti tentativi. però c'era una sorta di patio, con tavolo e sedie in legno adagiati proprio sul prato, che temperava i miei affanni e mi faceva immaginare cose strane come soavi partite a carte.
e tutti quegli ulivi.
sì, mi sento quasi sempre come il protagonista di I am Sam; un bel film, un bravo interprete, una bella colonna sonora.

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