venerdì 25 gennaio 2013

la m.b. della crescita


basta con questa maxiballa (come direbbe Craxi) della "crescita".

il nostro mondo (Italia, 2013) è sufficientemente aristotelico per permetterci di essere abbastanza sicuri che non si possa avere una cosa e il suo contrario nello stesso tempo.

un mondo in cui tutti sono miliardari può esistere, ma la sua speranza di vita è di un giorno, giorno più, giorno meno.
può esistere invece, a lungo, un mondo in cui tutti sono a pane e acqua.

ma parliamo di crescita.
crescita e lavoro, per esempio, sono grandezze direttamente proporzionali.
per sommi capi, in un sistema senza particolari distorsioni, se aumenta la produzione aumenta il benessere generale, aumentano i consumi, aumentano i risparmi, aumentano gli investimenti, aumentano i servizi, aumenta il reddito nazionale.
allo stesso modo, se diminuisce il lavoro (meno lavoratori, meno imprese, meno materie prime, meno produzione, ovvero diminuzione generale dei fattori produttivi) diminuisce la "crescita del paese".

quindi, se si lavora 36 ore a settimana anziché 48, come fino a non molti anni fa, il paese decresce.
se lo Stato tutela la malattia, le ferie, i congedi parentali, la gravidanza, i permessi, l'impresa ha un costo non equamente retribuito dall'assenza del lavoratore, quindi produce meno e il paese decresce.

il lavoratore però ormai ha il sedere largo e caldo al punto da non voler rinunciare al permesso retribuito, alle ferie, all'indennità, al periodo di comporto, alle 36 ore settimanali.
benissimo, dico io.
forse qualcuno dovrebbe dire al lavoratore che con le 36 ore settimanali, le ferie pagate e la 14.ma mensilità fra un po' non solo non si potrà comprare il suo quinto iphone, ma nemmeno il latte per il suo bambino che il lavoratore ama certo moltissimo (il bambino, non il latte, o anche il latte, ma di più il bambino).

i paesi "in via di sviluppo" infatti sono proprio quelli in cui la tutela del lavoro e del lavoratore è pari allo zero (che poi è lo stesso motivo per cui anche da noi quando i nostri nonni e i nostri padri morivano come bestie in miniera o si spaccavano la schiena 10 ore al giorno 6 giorni su 7 in fabbrica il paese cresceva alla grande - che poi è lo stesso motivo per cui una casa, una fottutissima casa di 4 muri di mattoni, prima costava 30 stipendi, oggi ne costa 300 e tra 30 anni ne costerà 3000) ovvero paesi, come la Cina o l'India, in cui quando un lavoratore si ammala o perde un dito nella fresatrice ne arriva un altro al suo posto che lavora magari anche meglio, visto che ha fame.
paesi in cui quelli che per noi sono diritti fondamentali, non lo sono affatto.

allora cosa dire all'amico lavoratore?
potremmo chiedergli di scegliere se preferisce trascinare i suoi "diritti quesiti" finché pioveranno, come nella pubblicità della Vodasone, ipad dal cielo e una bottiglia di latte costerà 500 euri, o riportare le chiappone in fabbrica. probabilmente il nostro amico sceglierebbe la prima opzione, perché ottuso o pigro o animato da un inguaribile ottimismo o perché sufficientemente lucido da sapere che almeno per lui e per il suo amato bimbetto ci saranno pastasciutta e divano, tv satellitare e svaghi, e tanto gli basta.

no, non è una domanda che possiamo fare all'amico lavoratore. sarebbe inutile, e anche crudele.
lasciamolo stare lì dov'è, ad ascoltare il dibattito elettorale, i programmi, le idee, lasciamolo andare a votare, con la speranza di avere più soldi in tasca a fine mese e più giorni disponibili per la settimana bianca, che è l'unico motivo per cui va a votare.
perché?
perché il processo è irreversibile.

Russia, Brasile, Cina e India arriveranno a darsi leggi- statuto dei lavoratori, garanzie per i disabili, tutela degli infermi, degli anziani, delle mamme e dei deboli. e quindi anche per loro arriverà l'epoca di quella che qui chiamano "crisi" (che parola ridicola).

il capitale genererà ancora intelligenze vaste e altissime, che permetteranno progressi nella medicina e nella tecnologia, ma non potrà impedire, a lungo termine, la distruzione del pianeta, unico sipario possibile per la sua tragica rappresentazione.

forse Aristotele, questo, non l'aveva previsto.
ma tutto sommato forse gli importava poco.

mercoledì 23 gennaio 2013

andare al cinema è una rottura di coglioni

non ci vado mai al cinema. quasi mai. ci sono andato ieri. e per un bel po' mi terrò alla larga.
andare al cinema per me è una rottura di coglioni perché ogni volta che ci vado c'è un sacco di altra gente dentro la sala.
c'è gente in coda per fare il biglietto. c'è gente che ti si siede di fiancodavanti, di dietro. una cosa insopportabile.
gente che si muove, gente che parla, che beve, che mangia, che ride, insomma che fa un sacco di cose che io non voglio vedere o sentire quando guardo un film. gente che arriva quando il film è già iniziato e si siede facendo casino e oscurando lo schermo.
questa stessa gente poi, appena vede la parola "fine" o "the end" o cominciano i titoli di coda, si alza e va via, perché giustamente non è interessata a vedere o a sapere altro. così io che invece voglio vedere i titoli di coda con la massima attenzione non ci riesco, o devo alzarmi e cercare di vedere qualcosa tra un cappotto e l'altro, cosa che mi fa imbestialire.
una volta in un cinema di catania il proiezionista era talmente abituato a questo simpatico costume che ha spento il proiettore appena finita l'ultima scena del film. e nessuno, a parte il sottoscritto che si è preso la questione (come dicono laggiù) ha avuto qualcosa da dire.
poi questa gente esce e si piazza davanti all'uscita e si mette a chiacchierare, cosi devo farmi largo tra la folla anche dopo.
vorrei essere come quei produttori alla Monroe Stahr che si fanno proiettare i giornalieri o anche tutto il girato in una sala tutta per loro, senza nessuno che rompe le palle.
invece devo pagare 8 o 9 pezzi per il privilegio di avere scarpe e ginocchia altrui costantemente conficcate in vari punti della mia schiena, ascoltare i commenti off di ragazzine bifolche, tollerare a un centimetro da me il corpo di un altro uomo con il quale non ho alcun desiderio di contiguità, almeno quando sto vedendo un film.
il cinema è un'esperienza individuale, non collettiva.
difficile comprendere tutta questa gente che si rinchiude volontariamente in una sala buia per vivere collettivamente un'esperienza necessariamente individuale.
quindi, viva le televisioni sempre più grandi, così uno i film se li guarda a casa sua e non si fa vedere in giro, che è sempre una cosa buona.

lunedì 14 gennaio 2013

poi uno dice il burattinaio

sabato sono andato al mediaworld per comprare un ricevitore digitale terrestre per la televisione della camera da letto, perché io di notte prima di addormentarmi guardo la tv e la prima cosa che faccio al mattino appena sveglio è accendere la tv e guardare raistoria che è uno dei canali più belli.
ho installato l'apparecchietto ma non funzionava bene e allora l'ho riportato indietro e me l'hanno cambiato, poi quando sono tornato a casa ho scoperto come al solito che sono un pirla perché in realtà funzionava benissimo quello di prima visto che il nuovo, che secondo me non era nemmeno nuovo perché la confezione era sì chiusa con quei nastri bianchi rigidi ma dentro i pezzi erano privi dei regolari involucri protettivi e quindi ho scoperto di aver cambiato un ricevitore nuovo con uno usato, dava lo stesso problema di quello vecchio, ero io che mi sarei dovuto ricordare che il mio tv mivar è vecchio e ogni tanto non va automaticamente su AV oppure ci va ma poi misteriosamente scappa via e allora non si vede più niente.
così stanotte sono andato a dormire verso le due e mi sono messo sul canale Iris e dopo un po' mi sono addormentato. ho dormito tutta la notte con la tv accesa. ogni tanto mi svegliavo per il rumore di quello che succedeva in tv, saranno passati due o tre film. e stamattina ho sentito la sigla di un telefilm che secondo me era A-team, ero in quello che si dice dormiveglia e sentivo questa sigla che poi io A-team non l'ho quasi mai visto, è uno di quei pochi telefilm anni 80 che non mi piacevano però ero quasi sicuro che fosse A-team (adesso so che era A-team perché ho cercato su youtube e ho avuto la conferma) ma siccome stavo più o meno dormendo il mio cervello ha creato un telefilm diverso in cui la squadra di A-team era composta da Mazinga, Daitarn, l'Uomo Tigre e un altro essere tipo robot ma con la faccia da cane, o da volpe, non mi ricordo bene. erano questi 4 supereroi sul ciglio di una scarpata, uno di fianco all'altro tutti in posa marziale ed eroica e sotto sentivo la sigla, poi succedeva qualcosa, c'era un po' di azione, e mi ricordo che notavo con dispiacere che l'Uomo Tigre era leggerissimamente più basso degli altre tre, ma a quel punto il sonno profondo prendeva il sopravvento. poi un po' dopo mi sono svegliato un'altra volta perché c'era un'altra sigla, e su quella non potevo sbagliarmi, perché era la sigla di Hazzard, questa è la ballata di bo e luke, due ragazzi in gamba con la marcia in più (o con "una" marcia in più, non ho mai capito cosa dice il cantante) e perché io di Hazzard ho visto tutte le puntate, tutte nessuna esclusa, con mio fratello, nei nostri pomeriggi casalinghi trascorsi a giocare e guardare telefilm senza mai fare i compiti. e in effetti penso che succeda anche agli altri di sentire o vedere qualcosa nel sogno che poi quando sei completamente sveglio ti rimane in testa e non se ne va per un bel po'. infatti mi sono alzato con la canzone di Hazzard bella fissa nel cranio, che Hazzard era già finito da un pezzo e comunque non l'avevo neanche visto perché dopo la sigla mi ero addormentato un'altra volta, sono andato al cesso canticchiando la ballata di bo e luke, mi sono lavato, sempre in compagnia dei due di cui sopra, ho acceso la tv del soggiorno e l'ho guardata per un po' e sempre con Hazzard in testa, poi mi sono vestito e mentre ero sulla porta la custode mi ha citofonato per dirmi che c'era quello del gas che veniva a fare la lettura, allora l'ho aspettato e gli ho chiesto se sapeva dov'era il contatore, lui mi ha detto no. l'abbiamo cercato fuori sul balcone ma non c'era. poi mi sono ricordato che era dentro un mobile, l'avrò visto 1000 volte e sono tre anni e rotti che abito in quella casa ma in quel momento non mi ricordavo dov'era. l'uomo del gas ha fatto delle foto e poi mi ha detto che aveva l'ordine di staccarmi il gas. ma come, ho detto io, no! in realtà ho fatto la finta perché lo sapevo che avevo un sacco di bollette del gas non pagate, che poi qualche mese fa mi avevano staccato anche la luce. allora lui mi ha detto senta se paga subito forse non glielo staccano, perché per staccarlo devono venire con l'autoscala e tranciare il tubo. accidenti, ho pensato. allora dopo un minuto sono sceso e l'uomo del gas era giù che parlava con la custode per sapere quanti piani sono nel mio stabile, quante scale e chi è l'amministratore. nel frattempo io, sempre con la sigla di Hazzard in testa, sono andato in macchina e pensavo se era meglio andare direttamente alla A2A e pagare lì oppure pagare comodamente online dallo studio e ho scelto di andare in studio.
arrivo in piazza Buozzi e devo dare la precedenza, cosa che non mi crea nessun problema. e in quel momento, da sinistra, arriva un furgone (un VW Crafter per la precisione) che sulla fiancata ha disegnata la macchina di bo e luke, ovvero il Generale Lee, con lo 01 e tutto il resto. identica all'originale.
accidenti, ho detto. erano trent'anni che non sentivo la sigla di Hazzard, se non son trenta son ventotto, e stamattina la risento, e mi resta in testa, 'sta ballata ridicola, che c'ha pure un middle eight ancora più ridicolo, mi resta in testa in continuazione, e mentre sono in macchina e ascolto la Bonino che parla del funerale della Melato con la sigla di Hazzard in sottofondo, appare davanti a me la macchina di Hazzard. e allora ho pensato quante possibilità c'erano di incontrare, proprio stamattina, a un incrocio non semaforizzato, un furgone con disegnata sopra la macchina di Hazzard, considerando tutte le variabili, ivi compreso il numero n di veicoli circolanti a Milano che abbiano disegnato il Generale Lee sulla fiancata?
poche.

venerdì 11 gennaio 2013

due film, e forse altro

camminò a piedi nudi sull'erba, la mano di lei nella sua.
si sdraiò ai piedi di un albero, la testa sul suo grembo.

non esiste il caso, non esiste il tempo. e noi siamo la nostra memoria
bla. bla.

il nostro problema è che la cognizione del tempo è la condanna alla cognizione del tempo.

uno dei film più belli degli ultimi duecentomila anni è Eternal sunshine of the spotless mind. decisamente un film da vedere e ri-vedere.

l'uomo ha fatto molti film sul tema del tempo e della memoria. molti belli, altri no, come sempre.
non ho voglia di elencarli.
il più brutto di tutti è Memento, di Christopher Nolan, uno dei registi più sopravvalutati del mondo e, come spesso accade, anche uno dei più boriosi.
il più divertente, per quanto ricordi, è “Clean slate” (“Amnesia investigativa” il titolo italiano) in cui Dana Carvey interpreta un investigatore che non ricorda quello che è successo il giorno prima. l’ho visto una volta sola e me lo ricordo bellissimo, poi chi lo sa. Dana Carvey è assurto a membro permanente del mio personalissimo empireo quando l’ho visto fare l’imitazione di Paul McCartney al David Letterman show. poi gli ho visto fare altre cose divertenti e geniali. da noi è famoso solo per il film Fusi di testa, che aprì a Mike Myers, ma non a lui, le porte del successo planetario.

poi c'è Midnight in Paris, visto 5 o 6 volte di seguito.
Allen sa che la nostalgia è tratto incancellabile dell'animo umano. ma al suo alter ego fa incontrare un'illuminazione che lo porta ad apprezzare in via definitiva il presente. il film è delizioso, al di là del tema. io sono rimasto sconvolto da una scena in cui Marion Cotillard, che interpreta una giovane amante di Picasso, racconta, brevissimamente, la sua vita. mi è sembrata un'interpretazione perfino al di là delle intenzioni del regista. una specie di trasfigurazione cinematografica, di ipercinema. mi è apparsa allo stesso tempo fragilissima, debolissima, addolorata, anzi disperata, e, impercettibilmente, un velo negli occhi, cattiva. sono rimasto ossessionato per giorni dalla Cotillard, e ancora lo sono dal pezzo di Stephane Wrembel, che punteggia le notti vaghe del protagonista.
qui decidono di vivere l'oggi. e si incamminano la notte sul lungosenna sotto la pioggia.

là ci riprovano.
erano sinceri, ci hanno provato, il cuore pulito, ma è andata male. si sono fatti male, entrambi, al punto di volersi cancellare l'uno dalla vita dell'altro. poi il caso - il caso - li fa ritrovare. e, fatta la terribile scoperta, ci riprovano.
è l'unica scommessa per cui vale la pena vivere: rivivere qualcosa sperando che possa andare diversamente. sperando di poter cambiare.

proprio come quando guardiamo un bambino.
lo guardiamo perché solo guardandolo speriamo di riuscire a rivivere lo stupore.


giovedì 10 gennaio 2013

il processo irreversibile


bang.
freddo. poi la cellula, poi, l’uomo.
pietra, bronzo, ferro.
l’agricoltura, poi l’industria.
e poi, bang.

Dio disse: “sia la luce”
e la luce, purtroppo, fu.