martedì 27 agosto 2013

problema

premessa:
io ho due amici, D e U.

fatti:
1. D pensa che U sia culattone
2. U pensa che D sia culattone
3. U pensa che D lo odii
4. D pensa che U lo odii.

ora, sapendo che:
- U non odia D e D non odia U, anzi ognuno di essi vuole veramente bene all'altro
- né D né U sono culattoni
- né D né U sono pazzi o paranoici o soffrono di complessi di persecuzione o altre patologie della psiche, anzi sono ragazzi lucidi e molto intelligenti;

spiegare il perché, cioè la motivazione, dei pensieri da 1 a 4.

ipotesi:
a. D e U odiano me
b. D e U odiano i culattoni
c. D e U odiano i culattoni e anche me
d. io odio D e U
e. il culattone sono io

lunedì 26 agosto 2013

che carambola, ragazzi!

e così è stato, che la pallina ha preso prima lo spigolo, che il P. Bio l'aveva tirata non so come, di diritto o di rovescio o con quella specie di colpo che fa lui, che io odio e non riesco a correggerlo, che lo chiamo il colpo del vigile urbano, perché mette la racchetta in verticale, col piatto perpendicolare al tavolo, e colpisce così, e quando fa così adesso per scherzare dice vigilantes, per prendermi anche un po' in giro, che dice che non riesce a farne a meno, di quel colpo, anche se gli ho spiegato in mille salse che non serve a niente, soprattutto se la palla è bassa, infatti la manda regolarmente in rete con il colpo del vigile o vigilantes, e nonostante tutto insiste, secondo me un po' gli piace di non correggersi, di giocare a modo suo, anche se senza profitto in termini di punteggio o di considerazione estetica sussunta nella dimensione delle teorie comunemente accettate per la disciplina, anche se non giochiamo quasi mai a punti, ma solo a palleggi, che a lui sfugge un po' il senso di questa cosa dei palleggi, infatti ogni tanto mi piazza quel suo diritto incrociato, che è il suo colpo preferito, tirato come si conviene da destra a sinistra, e la palla schizza imprendibile tutta alla mia destra, stretta, e io non arrivo mai a prenderla nonostante qualsiasi guizzo, ogni tanto piazza il suo dirittone incrociato vincente, come se giocasse al wii, a grand slam tennis, dove vince sempre, ma ormai ha capito bene che vincere alla wii non è come giocare dal vivo, è tutta un'altra storia, a partire dall'oggetto che si impugna, alla reazione dell'oggetto al contatto con la palla, che è vera, reale, ha una consistenza materiale, un peso, e tre, credo, dimensioni palpabili, senza dimenticare che c'è il terreno, ci sono i tuoi piedi sul terreno, e tutto il resto del tuo corpo, che al wii interessa poco, mentre nel mondo non wii diciamo ha una sua dignità, una sua rispettabilità, per esempio l'importanza dei polpastrelli, delle falangi, dei metatarsi, delle spalle, delle ginocchia, e dunque ecco a lui sfugge il senso del palleggio, come se mancasse un fine a ciò che fa, e infatti in qualche modo manca, nel senso che non c'è competizione, non c'è gara, solo il piacere di scambiarsi la pallina uno con l'altro, che per me è una cosa piacevolissima, più ancora della partita, quando uno è nervoso e sbaglia palle facili, invece a palleggi si gioca per il puro divertimento, anzi il divertimento sta proprio nel provare a fare scambi i più lunghi possibili, cosa che ogni tanto gli piace, al P. Bio, anche se non capisco se quando dice hai visto che scambio lo fa perché ne è veramente convinto oppure vuole compiacere me, che insisto con la teoria dello scambio lungo, mentre lui si compiace di più, magari, con un bel vincente, forse anche un po' gli piace di fare il ribelle e non seguire le scrupolose indicazioni paterne, al contrario, ecco, della mia nonna Lucilla, che una volta ero a casa sua e stavo guardando un match del roland garros, quando i diritti dell'eurovisione ce li aveva la rai, e trasmetteva il RG dalla prima all'ultima giornata, e quelli erano tempi, me lo godevo tutto, ma a casa mia di solito, tranne quella volta a casa di federico a pavia, che vidi il RG del 1989 quando uno sconosciuto americano di origine cinese, piccolo ma cattivo, battè al secondo turno uno sconosciuto giovane americano di origine greca di cui dicevano un gran bene, lo battè tranquillamente in tre facili set, e poi vinse pure il torneo, una delle più grosse sorprese dello sport di tutti i tempi, e pensare che la finale femminile dello stesso torneo di quell'anno riservò una sorpresa ancora più grande, poi l'americano di origini greche l'anno dopo vinse lo us open, stracciando in finale in tre set un'altra giovane speranza americana, questa volta di origini iraniane, che però, nonostante la bruciante sconfitta, due anni dopo vinse wimbledon, battendo in finale un croato, che avrebbe poi perso a wimbledon altre due finali, anche lui contro il greco, ma sarebbe riuscito a vincere il torneo, i campionati, come li chiamano gli inglesi, tanti anni dopo, quando era ormai sul viale del tramonto, entrato in tabellone grazie a una wild card, una vittoria commovente e meravigliosa, e una delle più grosse sorprese dello sport di tutti i tempi, come la vittoria della danimarca agli europei di calcio del 1992, questa la sanno tutti, quella dei danesi che erano al mare e vennero chiamati al posto della jugoplastica, nonostante, anche qui si può discutere, che la danimarca del 1992 era per me meno forte di quella dei mondiali del 1986, perché io se penso ai mondiali del 1986 penso a due squadre, alla danimarca e all'unione sovietica, che giocavano divinamente, avevano giocatori sublimi, per esempio morten olsen, un dio, arnesen, laudrup e elkjaer da una parte, demianenko, dasaev, belanov e il mio idolo assoluto jakovenko dall'altra, che roba l'unione sovietica, unione sovietica, due parole pesanti come una montagna, e quella scritta, quelle quattro lettere che era come vedere un altro pianeta, un pianeta immenso, lontanissimo e sconosciuto, come pensare a uno che porta sulle spalle uno zaino talmente colmo che sarebbe potuto scoppiare e riempire il mondo di cose mai viste, mi viene in mente la mitica klm dell'hockey, krutov, larionov e makarov, che saettavano sul campo e giocavano talmente forte che non vedevi mai il disco, e tranne quell'altra volta appunto di cui sto parlando ora, cioè a casa della nonna, anni prima della volta di pavia, e stava giocando vitas gerulaitis, americano ma anche un po' lituano, che io vidi giocare anche dal vivo, e la cosa che mi faceva impazzire di più del grande vitas era quando, a ogni singolo servizio, come fece per tutti i servizi della sua carriera professionistica, nel momento in cui palleggiava a terra con la mano prima di servire, si voltava indietro a sinistra, faceva tre palleggi e tre volte si voltava, una volta per ogni palleggio, come se avesse paura che qualcuno gli portasse via la pallina prima di servire, era una cosa incredibile, e in quella occasione mi ricordo, pur essendo il RG, quindi superficie lenta, e racchette di legno, quindi scambi prolungati, mi ricordo che ci fu uno scambio più corto, tipo due o tre tiri in tutto, e mia nonna si levò a criticare come solo lei sapeva colui che aveva giocato il vincente, colpevole, secondo lei, di non aver prolungato lo scambio, dato che per lei il tennis era appunto il donarsi reciprocamente la pallina, ciò che mi porta a dire che istintivamente la nonna aveva capito qualcosa anche lei; ha preso prima lo spigolo del lato est, ha subìto la inevitabile accelerazione dovuta appunto alla collisione con lo spigolo, ed è saltata sullo schienale della sedia di plastica verde, una di quelle sedie da giardino da spendere poco, quelle con le fessure o i buchi sulla seduta, che ho scoperto alla mia veneranda età, proprio una settimana fa, che i buchi e le fessure servono a far sgocciolare l'acqua quando piove, già, perché si presume che uno le sedie da giardino le tenga, per l'appunto, in giardino ovvero all'aria aperta, e quindi esposte alle varie precipitazioni meteoriche, una cosa che sanno anche i sassi io l'ho scoperta a 46 anni, l'ho scoperta che ero all'ikea e ho visto una sedia di plastica veramente orrenda, che aveva un buco bello rotondo alla base della seduta, diciamo quasi in corrispondenza dello schienale e ho esclamato ma guarda un po' ma che senso ha quel buco e a quel punto la mamma del P. Bio, che ci aveva chiesto di accompagnarla là perché doveva acquistare delle luci colorate da mettere sul terrazzo che poi non ha trovato e si è dovuta accontentare di un cucchiaio di legno e di una manciata di bulbi per tulipani, ha detto il buco serve per far defluire le acque, ed è stata l'ennesima scoperta, chissà quante altre cose non so, a parte le stelle, che non ne so niente, anche se le guardo e le ammiro e le amo e le stimo, non ne so niente di loro, così vedi che anche la visita all'ikea più insignificante può risultare costruttiva e arricchente, come forse può essere arricchente e istruttivo leggere i libri di raffaele morelli o di david icke, secondo la teoria per la quale tutti possono insegnare qualcosa, come a dire una sorta di ideologia punk del pensare, come dire tutti possono scrivere, eh sì, appunto, proprio così, non ci avevo pensato, tutti possono cucinare, come predicava il compianto chef gusteau; è balzata sulla punta dello schienale della sedia di plastica verde che stava di fianco al tavolo, precisamente alla destra del tavolo, per quanto mi riguardava, anche se a voler essere precisi non si tratta propriamente di uno schienale, perché sono sedie a stampo, escono stampate in fabbrica intiere, c'è una macchina che le stampa, come le bottiglie della coca cola, quelle in pet, sono stampi che sembrano dei dildo di plastica, finiscono dentro una macchina che ci soffia dentro l'aria calda ed escono con la forma della bottiglia che ben conosciamo, lo so perché l'ho visto con i miei occhi, quando sono stato alla fabbrica della coca cola, ben due volte, l'ultima delle quali con il P. Bio, e dunque non è proprio uno schienale, diciamo che è la parte posteriore e superiore della sedia, se mettessimo un dito in corrispondenza del punto più basso di una delle gambe anteriori e gli facessimo seguire la forma della sedia, il dito non si staccherebbe mai da essa, percorrerebbe una linea retta verticale risalendo lungo  la gamba, per usare un'espressione alla bertrand morane, poi un leggero declivio che disegna la seduta, prestando attenzione a non incappare nelle famose fessurazioni, e poi una seconda risalita, al culmine della quale sarebbe costretto a  ricopiare un largo arco e ricadere poi dall'altra parte; ecco, proprio sulla chiave d'arco è saltellata la pallina, e in una frazione di secondo è ricaduta sul mio campo, ma, ed è qui la cosa bella, ha colpito lo spigolo del lato sud, e io che non ero riuscito nemmeno a muovermi per abbozzare un tentativo di tiro, me la sono ritrovata, al termine di una traiettoria iperbolica, che mi rimbalzava sulla racchetta, tutta felice e contenta delle sue peripezie, e allora ho subito pensato che questo impensabile viaggio, più ancora di gardaland, dello space vertigo, del mammut, dell'austria, di innsbruck, del tetto d'oro e della via maria teresa, dei musei, delle insegne in ferro battuto, del grostl, di salisburgo, del museo swarovski, dell'alpbachtal, dell'achensee, dell'hintersteinersee, della fortezza, del crowne plaza, del maximilian, del central, dei palazzi e delle chiese, meritasse senz'altro un post.

domenica 18 agosto 2013

il formidabile rafa

il brutto esiste, lo sappiamo e lo vediamo tutti i giorni.

ma nello sport si vede meno. o si dovrebbe veder meno, ove esistesse una dimensione del dover essere. 
di solito uno che corre piano non vince una gara di corsa, e mi perdoni Zenone.
così come uno che non sa guidare non vince il mondiale di formula uno. 
anche nelle olimpiadi degli handicappati vince l'handicappato più bravo.

invece succede che uno che non sa giocare a tennis si candida a diventare il più grande tennista di tutti i tempi.

sto parlando del grande rafael nadal, rafa per gli amici, già numero uno del mondo.

il quale, con ogni evidenza, non sa giocare a tennis. basta guardarlo.
basta guardare come impugna la racchetta e si capisce subito tutto. 

il tennis e nadal sono due entità distinte e separatissime. non hanno nulla a che vedere l'uno con l'altro.

è un buzzurro, nadal, un orrendo buzzurro, e il tennis non lo merita.
gli sfugge completamente il senso profondo del gioco, ovvero l'ineffabile bellezza dell'incontro tra un'incordatura e una pallina, due oggetti che sono fatti per stare insieme, lasciarsi e tornare insieme, come due veri amanti. e il tennis è esattamente e squisitamente il privilegio di concedere a questi due amanti la possibilità di accarezzarsi, toccarsi, baciarsi.

il tennis non ha niente a che vedere con la forza fisica, con la violenza. ha a che vedere con la delicatezza, con la sensibilità, con la grazia. è uno sport mentale, non fisico. è una partita a scacchi mentre si fa l'amore. ovvero, fare l'amore scambiandosi a turno tenerezze attraverso una pallina.
il tennis, come la scherma, è uno sport per gentiluomini, non per taglialegna.
è la capacità di far godere la palla, non di umiliarla, e di godere insieme con la palla.
come in molti altri sport, la bravura di un giocatore di tennis sta nel far godere chi guarda così come chi gioca, e di far provare allo spettatore lo stesso brivido. quello che deve succedere, perché il tennis penetri profondamente nelle corde di chi guarda, è sentire, in quelle stesse corde, il tocco delle corde del piatto come fossero le dita di una mano. percepire la stessa onda. la racchetta è decisamente una metafora. metafora sublime, perché sostituire una mano con un'incordatura e un bacio con una palla rende non facile l'esercizio del trasferimento delle emozioni. ci vuole una certa classe.

per nadal invece il tennis è lo stupro della pallina, è il primato del muscolo e della rabbia, come un match a braccio di ferro. nadal è il silvester stallone del tennis. infatti fa le stesse facce che possiamo ammirare in quel capolavoro che è Over the top, film che sono certo egli amerà moltissimo.
nadal è il trionfo della palestra sulla tecnica. egli è l'assassino del tennis.
anche Borg, che fu il primo, si allenava moltissimo, ma vinse 5 Wimbledon seguendo il servizio a rete, cosa che nadal non ha mai fatto in tutta la sua vita. 

egli è concentratissimo dal primo all'ultimo punto. per lui non fa differenza rispondere sul 40-0 o servire sullo 0-40. non sorride mai, e non è mai sportivo. l'ultimo titolo al Roland Garros l'ha rubato grazie a un fallo di campo di Djokovic, drogato dall'eccessivo agonismo di quell'altro. mi ricordo un match a Wimbledon di tanti anni fa  in cui Vijay Amritraj, splendido tennista, fu scavalcato a rete dal pallonetto del suo avversario al termine di uno scambio delizioso e durissimo, e mentre la palla lo sorvolava disse, sorridendo: "it's yours". ecco, questo è il tennis.

io nadal non ce la faccio a guardarlo nemmeno un minuto. dopo pochi secondi mi viene da vomitare e cambio canale.
odio la sua faccia, le sue smorfie, i suoi vestiti, la sua grinta, il suo corpo, il suo disgustoso sudare.
odio il suo diritto e il suo rovescio (egli, ovviamente, non conosce l'esistenza della volée).
odio come si muove, come corre, come saltella, come si sistema le brache, odio vederlo al cambio di campo, e figuriamoci se ho mai resistito a vederlo innalzare uno qualsiasi dei suoi innumerevoli trofei.

lo odio talmente tanto che non riesco nemmeno a gioire di vederlo perdere, tanto mi è disgustosa la sua immagine. perfino quando perse la semifinale contro Tsonga all'Australian Open del 2008 non riuscii a sopportarlo che per un'oretta. anche se era bello vederlo arrancare a 4 metri dalla palla, dovetti infatti cambiare canale. lo stesso fui costretto a fare in occasione delle finali che perse contro Federer a Wimbledon, e così durante la finale dello US Open del 2011.

nadal è uno che se invece della racchetta gli dessero in mano una padella, sarebbe uguale. si metterebbe a due metri dalla linea di fondo e tirerebbe splendide padellate a destra e a manca.
eppure, mai si vedrà un violinista professionista brandire l'archetto come fosse una clava, scagliarlo con brutalità sulla tastiera e agire di strapazzo avanti e indietro sulle quattro corde, cercando di amputare lo strumento.

d'altra parte, non è nemmeno tutta colpa sua.
egli esiste perché qualcuno l'ha permesso.
che lo sport, tutto lo sport, si sia evoluto nel segno della forza fisica, è un fatto. tuttavia, alcune discipline possono ancora sfuggire. nella scherma, appunto, non vediamo fiorettisti che menano fendenti a due mani con spadoni medievali urlando "vamos!" a ogni piè sospinto.
se dessero in mano al nostro una racchetta di legno come quelle che si usavano fino a non molto tempo fa, con le quali ho imparato anche io, egli riuscirebbe sì a buttare la palla dall'altra parte, ma, con le sue doti tecniche, troverebbe forse collocazione nel tabellone del torneo sociale presso il centro tennis del sindacato portuali di maiorca.

il compianto DFW scrisse un amorevole libretto sull'emozione di veder giocare Roger Federer, che in effetti è (potremmo dire anche era) un signor giocatore. un giocatore la cui leggerezza sul campo eclissava anche la potenza, che certo non gli mancava. ognuno ha gli eroi del suo tempo. mio padre mi narrava di Rod Laver. per me ci fu sempre e solo John McEnroe, il cui idolo di ragazzino era proprio l'australiano.

domani, o oggi, nadal giocherà la finale del torneo di Cincinnati contro John Isner, un gigante americano col solito servizio-bomba. e allora mi tocca dire forza Isner, che con tutti i suoi difetti, e non son pochi, a nadal può consentire di portare la borsa.

tanto, nel mondo del brutto, lo sappiamo tutti chi vince.

venerdì 16 agosto 2013

carta maschicida

il ministro dell'interno alfano ha detto oggi che circa il 30% delle vittime di omicidio in italia sono donne.

il che vuol dire che circa il 70% sono uomini. mi sembra abbastanza ovvio, a me.

ora, ricordando che:
- le donne residenti in italia sono più degli uomini (51,63%)
- il numero di omicidi nel 2012 è stato di 526 (vittime donne 159, percentuale invariata negli ultimi anni), ovvero un terzo di vent'anni fa (vedi)

si sente senz'altro il bisogno di legiferare sul cosiddetto femminicidio. 

tra un po' queste ci piazzano il collare e la ciotola dell'acqua.

l'avremo voluto noi. 

domenica 11 agosto 2013

estratti / 7

sono giorni che mi domando come mai jeffrey lebowski non sopporti gli eagles. proprio lui, che è pacifico e rilassato, tutto canne e white russian, sandali e accappatoio, uno che non se la mena e che vive alla giornata, lui che non si scompone davanti a bunny né davanti a jesus quintana e nemmeno poi davanti a larry, lui che è in ritardo con l'affitto, che lascia urlare il vecchio e gli fotte il tappeto, che si fa volentieri infilare la testa nel cesso dai nichilisti, che vuole segnare il punto a smokey, che si scopa e mette incinta maude con nonchalance, che lascia a walter i suoi sproloqui, che vuole bene a donny, che si fa prendere per il culo da treehorn, che prende per il culo la polizia e brandt, proprio lui, mentre è in taxi e sente peaceful easy feeling, dice che non sopporta gli eagles. non mi do pace per questo fatto.

un'altra cosa sulla quale mi tormento da mesi è se butch decide di fregare marsellus wallace solo dopo che vincent vega lo insulta. perché c'è il movimento di macchina e il primo piano. ci sono i soldi che passano di mano con fatica. e c'è la vendetta inaspettata a mezzo fucile con silenziatore. aveva già piazzato le scommesse o l'ha fatto dopo che vega lo chiama bestione e palle mosce e lui non risponde niente e vede l'abbraccio tra marsellus e vincent?

un mio amico mi ha proposto di accompagnarlo in uno di quei bordelli che si trovano fuori dall'italia. sono più o meno tutti uguali: paghi l'ingresso e hai diritto ai servizi del club (piscina, sauna, palestra, idromassaggio, cibo e soft drink) poi con le ragazze ti metti d'accordo. ci sono i siti, di questi posti. ne ho visti un po'. le ragazze vanno bene, ma purtroppo hanno tutte la figa rasata, che è una cosa spaventosa. quindi ho detto no al mio amico, a queste condizioni non verrò mai.
è abbastanza orrendo, ancorché ovvio, che esista una moda anche in fatto di gusti sessuali. una volta andava il pelo, oggi non più. è demonizzato. nondimeno, uno a cui piace la figa rasata non c'è dubbio che pensi di scoparsi una bambina.

poeti

una volta un mio amico, il professore, mi disse che lui faceva bene praticamente quasi tutto quello che faceva. io una cosa del genere non riuscirei mai a dirla, nemmeno lo so cosa significhi fare bene qualcosa. comunque lui la disse e mi è rimasta ben dentro la memoria. mi ricordo però che quando avevo vent'anni pensavo di sapere fare bene due cose: cantare e guidare. in realtà non sapevo fare bene né l'una né l'altra. adesso che non canto né guido meglio di allora lo so, ma adesso, come sempre.
è strana, la memoria. chissà perché ricordiamo un sacco di stronzate e non le cose che ci piacerebbe ricordare. la memoria fa un po' come vuole lei, almeno per me, che non ho letto niente di neuroscientifico e che scrivo cose da ignorantone ma in modo simpatico, che è sempre una presa per il culo ma è sempre meglio che mettersi il profumo sulle ascelle puzzolenti.

ho conosciuto due poeti nella mia vita. dico personalmente. in realtà sono tre, perché ho conosciuto anche una poetessa, che è stata pure mia cliente, la quale però scrive cose talmente orrende che non la considero nella categoria. la mia categoria poeti non comprende quelli che vanno a capo, ma quelli che scrivono poesie. e quindi restano due.

uno si chiamava Riccardo Bonavita, ed è morto tanti anni fa. si è suicidato. era un mio compagno di classe al liceo, e per fortuna siamo rimasti amici anche dopo. era uno non comune. avrebbe potuto fare tante cose, e invece, dopo un paio di pubblicazioni (l'ultima un volume sulla letteratura italiana dell'ottocento, il Mulino), se n'è andato. i suoi amici comunisti si sono affrettati a scrivere commossi e dolenti saluti. il problema è che il suo essere comunista, il modo in cui pensava che si dovesse essere comunisti -  perché, come dice Fortini, la lotta per il comunismo è il comunismo -  non ha contribuito a tenerlo al mondo. anzi. quando l'ho conosciuto io andava in barca, votava l'estrema destra, metteva l'henri lloyd (quando lo mettevano solo i velisti). quando andò a studiare a bologna e pensò di essere dalla parte dei giusti diventò un po' più testa di cazzo di prima, ma per me era sempre lui, destra o sinistra, cosa che lui faceva fatica a capire.

l'altro è DOM, e ha scritto tante poesie, alcune delle quali bellissime (un aggettivo che non si dovrebbe mai usare quando si parla di poesia, ma siccome io di poesia non capisco niente posso permettermi l'ottusa arroganza di usarlo, cioè per me la poesia e la prosa sono due cose che non vanno d'accordo, c'entrano poco l'una con l'altra, come il dolce e il salato, anche se ci sono stati grandi poeti che hanno scritto prose sublimi, come Leopardi, ma Leopardi è Leopardi e per il resto io faccio fatica con la poesia e spesso gli autori in prosa che venero, come Borges, quando si mettono a scrivere in versi mi piacciono meno, ma lo so che è un problema mio)
alcune poesie di DOM sono leggibili da questo blog, cliccando su uno dei quattro collegamenti a fianco. ma ne ha scritte molte di più, e lui per me è uno che dovrebbe essere pubblicato, pubblicato da una casa editrice seria. DOM è un poeta, tra tanti che non lo sono.
per fortuna DOM non si è ammazzato. ci ha pensato troppo e troppo ne ha parlato, per avere poi il coraggio di farlo. Riccardo non ne ha parlato con nessuno e, come tutti i suicidi, un bel giorno di punto in bianco l'ha fatto, lasciandoci come dei poveri stronzi a bocca  aperta, con i nostri sensi di colpa e soprattutto senza di lui, cazzo di budda.

chissà se è meglio conoscerli, i poeti.
DOM mi ha parlato di un racconto autobiografico, commovente, di Bukowski in cui egli racconta della sua amicizia con John Fante. sto per leggerlo. potrei leggerlo prima di pubblicare il post, così avrei qualcosa di meglio da dire. lo leggerò dopo.

i poeti spesso non sono brave persone, almeno nel senso che normalmente attribuiamo al concetto. sono per i cazzi loro. magari sono dei puzzoni, magari sono egoisti e spietati. chi se ne frega. meglio i poeti di tutti gli altri. chi se ne frega se sparano. chi se ne frega se sono antisemiti, chi se ne frega se odiano o disprezzano. chi se ne frega se lavano il pavimento. chi se ne frega se pagano le tasse. chi se ne frega che cosa fanno.
non sono eroi, i poeti. sono  esseri umani sgangherati e afflitti. sono umanacci. eroi sono i padri di famiglia, che crescono i figli e stanno con le mogli, che tornano a casa e non fanno mai cazzate.
io amo gli eroi e i poeti.
amo gli eroi, i poeti e i re.
spero di essere in grado di comprare sempre un panino a chi me lo chiede. spero un giorno un poeta, un eroe o un re chieda la mia mano, il mio collo o la mia schiena perché ne ha bisogno. almeno qualcosa di buono avrò fatto, prima del riposo definitivo.


invece pietro

invece il presidente del senato grasso mi sembra sempre ogni volta che lo sento parlare uno di quei pensionati che ci sono nelle manifestazioni quelli col fischietto e il fazzoletto che quando li intervistano dicono solo frasi fatte senza senso ma in quel modo bonario da vecchio rincoglionito che alla fine uno dice

martedì 6 agosto 2013

più video, meno audio.

io la presidenta della camera laura boldrini la vedrei meglio nuda sul playboy che a fare quello che fa.