giovedì 2 febbraio 2017

Gianfranca

La madre di mia nonna aveva due figli. Il primogenito, maschio, si chiamava Gianfranco, ed era il preferito della mamma. La seconda, mia nonna, Lucilla. Gianfranco morì per un fatto improvviso che non aveva dieci anni. Quando andarono a informarla della tragedia, la mia bisnonna si trovava con mia nonna e d'impulso disse: "non poteva morirmi questa invece?".
Mia nonna portò l'orrendo fardello di quella frase per tutta la vita.
Per tutta la vita cercò l'amore di sua madre, un gesto, una carezza, un complimento.
Quando aveva 90 anni la mia bisnonna cadde per le scale e si ruppe il femore, Venne portata in ospedale e da lì non uscì più. Mia nonna aveva cercato in tutti i modi di strapparla alla morte. Vedendo che si lasciava andare a poco a poco, le portava tutti i giorni cose buone cucinate o preparate da lei sperando che mangiasse, Pochi giorni prima della fine la madre in qualche modo si scusò con mia nonna e le disse che aveva sbagliato. Le parole esatte non le sa più nessuno ormai, ma mia nonna se le fece bastare. Non distrussero il fardello, ma so che lo resero più leggero.
Appena morto Gianfranco, la mia bisnonna aveva messo in azione il marito per un altro figlio. Era nata una femmina. Fu chiamata Gianfranca.
Per tutta la vita mia zia visse con l'orrendo fardello di una vita da sostituta.
Sposò un uomo che non la amava e che la trattava come una serva. Non avendo alcuna stima di se stessa accettò una vita infelice, amara. Ciononostante, si mostrava sempre allegra, sempre vitale.
Devastata dal cancro, ebbe una morte atroce,
L'unica cosa che fui in grado di fare per lei fu dedicarle un pensiero il giorno che superai l'esame di procedura penale comparata. Era morta da poco, e mi ricordo che uscendo in via Bergamini mi volsi al cielo e dissi Franca è per te. Non so perché lo dissi, era un modo per far arrivare la mia gioia a una persona che ne aveva vista poca. Mi vergogno di questo fatto. Ma è quello che è successo.
Adesso scrivo questo post pensando a mia zia Franca, che visse sempre accanto al fantasma del fratello premorto, e a mia nonna, che per tutta la vita attese una parola da sua madre.
Mia nonna non fu una buona madre per mia madre. Mia madre crebbe con la Franca, che le fece da mamma e da sorella maggiore. Con sua madre non andò mai d'accordo.
La Franca ce la mise tutta per essere una buona madre per i suoi due figli. Non so quanto riconobbero i suoi sforzi.





aspettando il pasticciere

essendo l'umiliazione di noi stessi e degli altri, in ogni forma possibile, il tratto distintivo dell'oggi, ad onta del dilagare dei "mi piace", che ne costituiscono invero il versante necessario, non stupisce che un film ORRIDO come Whiplash sia stato coperto di elogi da parte della critica compatta. addirittura ho letto di qualcuno che ha scomodato nientemeno che Il Soccombente di Thomas Bernhard, a suffragare discendenze letterarie alte.
Whiplash, del giovanissimo e stronzissimo Damien Chazelle tratta dell'educazione sentimentale di un giovane aspirante batterista attraverso la sua continua umiliazione da parte del suo insegnante.
la frase centrale del film, che racchiude la poetica del regista, è che non bisogna mai dire a uno che ha fatto un buon lavoro (good job), anzi è la cosa peggiore che gli si può dire, perché se gliela si dice questo smette di impegnarsi, mentre invece se lo si mortifica in ogni modo diventerà davvero bravo.
non stupisce dunque nemmeno che un musical che ha come protagonista Ryan Gosling sia stato già giudicato, dalla stessa critica, un capolavoro.
io già odio Ryan Gosling (questione di faccia, di gesti, di ruoli, di atteggiamenti, di comportamenti); già Chazelle non mi è simpatico, figuriamoci.
preferisco aspettare, a questo punto, un musical imperniato sulla figura di un pasticciere trotzkista nell'Italia degli anni'50.